La disposizione fa parte del pacchetto di attuazione della Riforma della Pa in esecuzione della legge delega n. 124/2015 che all’ articolo 11, comma 1, lettera p ) ha previsto la fissazione di principi e criteri direttivi relativi alla dirigenza sanitaria specificamente per le figure di direttore generale, direttore amministrativo e direttore sanitario nonché, ove previsto, di direttore dei servizi socio-sanitari.
L’alta dirigenza sanitaria si svincola così dall’ampia discrezionalità di nomina e viene regolata secondo principi di professionalità e merito. Sul totale di 100 punti, 60 punti vengono assegnati per l’ esperienza professionale e 40 per i titoli formativi e professionali che abbiano attinenza con le materie del management e della direzione aziendale.
Si precisa poi che per “esperienza dirigenziale” si intende solo l’ attività, svolta nel settore pubblico o privato, di direzione dell’ ente o di una delle sue articolazioni, purché risulti da formale incarico e comporti autonomia organizzativa e gestionale, nonché diretta responsabilità di risorse umane, tecniche o finanziarie. Sono espressamente escluse le funzioni di mero studio, consulenza e ricerca.
Certamente un passo avanti verso una buona la sanità che è un bene fondamentale, garantito dalla Costituzione e per la quale vanno assicurati livelli di assistenza uguali sul territorio e quindi fatte scelte tecniche il più possibile svincolate dalla politica.
Ci si chiede perché gli stessi principi non siamo esportabili anche per la restante dirigenza pubblica; perché di contro nell’ amministrazione di stato, regioni, enti locali più si va in alto nel vertice organizzativo più ampie sono le discrezionalità di scelta e la fiduciarietà politica negli incarichi.
E’ come dire che per gestire una Azienda Sanitaria c’è bisogno di merito, professionalità e competenza, mentre per gestire una Direzione Regionale (per esempio la Direzione Regionale della Sanità ) basta una persona di fiducia del Presidente di turno. Forse un Ministero o una Regione sono macchine meno complesse di una ASL?
Più si va in alto nei vertici, più pare ci si dimentica di tenere conto dell’esperienza dirigenziale per privilegiare l’appartenenza e la consonanza politica.
Così è accaduto che in una regione tutte le cariche apicali sono state conferite senza neanche una procedura pubblica, ma per totale discrezionalità politica, secondo una legge regionale antecedente alla riforma; in un’altra è stato conferito un incarico apicale ad un soggetto che non ha mai svolto funzioni dirigenziali essendo in precedenza semplice funzionario; in un’altra ancora si è dovuto arrivare a cambiare la procedura perché tutti gli incarichi dirigenziali venivano gestiti dal Direttore generale soggetto totalmente fiduciario della politica.
Se si vuole veramente riformare la pubblica amministrazione e combattere la corruzione che “spuzza”, come ha detto Papa Francesco, si deve ripartire dalla dirigenza e dalla normativa sul conferimento degli incarichi. Per tutti ci devono essere scelte improntate al merito e alla professionalità, concorsi pubblici, senza incarichi esterni a soggetti che non sono mai stati dirigenti nel settore pubblico o privato e tanta trasparenza. La riforma madia si è bloccata proprio sulla dirigenza e da qui che si deve ripartire: aspettiamo con fiducia il rinnovo del contratto di lavoro specialmente per la parte normativa sugli incarichi dirigenziali.
Silvana de Paolis
Segretario Nazionale Area DIRER-SIDIRSS
Federazione DIRETS